Bob Marley - Live in Torino 1980
Il 28 giugno 1980 è una data storica per il Piemonte, perché in quella calda giornata di 36 anni fa a Torino arriva il profeta Bob Marley. Due le date italiane: San Siro a Milano e il giorno dopo lo Stadio Comunale di Torino. Il più grande evento musicale mai andato in scena fino ad allora nel capoluogo subalpino.
Tutto inizia nel pomeriggio, con alcune band di spalla piuttosto insolite: Roberto Ciotti, grande bluesman romano scomparso nel 2013, Pino Daniele, a quel tempo non ancora famosissimo, che si esibisce insieme ai compaesani James Senese e Toni Esposito e l’Average White Band, formazione funky che non proviene dagli States ma dalla nebbiosa Scozia e che il giorno prima, a San Siro, è stata accolta dal pubblico nel peggiore dei modi.
Dalla provincia si parte con ogni mezzo per raggiungere quello che pare essere l’evento del secolo, forse della vita. A Ciriè, su strada Torino, e poi più avanti, lungo tutta la provinciale, gruppetti di giovani fanno autostop per raggiungere il Comunale.
Articolo a cura di: Luigi "Lu Byro" Bairo
Nel 1980 la politica ha terminato di essere un elemento di aggregazione, ma è arrivato Bob a catalizzare l’interesse dei giovani. La sua popolarità è enorme ovunque e anche in Italia, anche se di lui in verità si sa ben poco. Marley è il simbolo di una vaga ribellione fricchettona, si pensa che i suoi testi parlino di canne e libertà in terre tropicali incontaminate, ma il suo vero messaggio è quasi completamente ignorato.
Quando un giornalista della Rai lo avvicina all’aeroporto, Marley parla di rastafarianesimo, di lotta contro il Babylon System, il sistema occidentale basato sul denaro, di Dio e di redenzione, ma le sue parole restano oscure per i più. Al Comunale arriviamo nelle prime ore di un pomeriggio torrido con il vecchio (anche allora) 124 Fiat, che i miei amici chiamano “il baule verde”.
Con noi due autostoppisti tirati su a Caselle. I controlli piuttosto approssimativi all’ingresso e poi di corsa verso le tribune centrali, nelle postazioni dove la domenica pomeriggio Sandro Ciotti e Nando Martellini commentano le partite del campionato. Ero abituato allo spettacolo del Comunale durante le partite di calcio, ma ora spettacolo dello stadio strapieno sugli spalti e sul campo è qualcosa di straordinario; ma quando, dopo le 16 si inizia a suonare, restiamo delusi: la musica si sente appena e i gruppi di spalla passano quasi inosservati fra schiamazzi e gente che gioca a pallone sul campo.
Ma con il calar del sole, sul Comunale cala un’atmosfera magica. In molti accendono falò sul campo e in verità anche sulla pista di atletica, che sarà gravemente danneggiata . Quando è completamente buio, le luci sul palco si accendono e inizia la musica.
La resa sonora ora è straordinaria e capiamo che nel pomeriggio era attiva, come spesso capita con i gruppi di spalla in questi grandi eventi, solo una piccola parte dell’immenso impianto audio. Ma Marley si fa ancora attendere: i primi brani sono affidati ai Wailers e alle voci delle I threes della moglie Rita.
Poi all’improvviso compare lui e ovviamente è un tripudio. In molti concorderanno nell’affermare che la sua musica cadenzata ha avvolto lo stadio in una sorte di grande ipnosi collettiva. La stampa a quei tempi non era sempre tenera verso le icone del mondo giovanile e il giorno seguente un quotidiano torinese, con indiscutibile cattivo gusto, scrive che Bob Marley, più che un profeta, pareva un pugile suonato.
Qualcuno dirà che, visto da vicino, sembrava molto più vecchio della sua effettiva età. In realtà era già la malattia che lo stava già consumando. E il concerto di Torino fu uno degli ultimi del re del reggae, che morirà meno di un anno dopo.
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