Black Deal - Knights on Fight



Queste sono le interviste che mi piacciono che mi piacciono, che mi restituiscono la voglia di continuare ed andare avanti con il piccolo spazio web di questa fanzine, quando forse sarebbe meglio dedicarsi ad altro, sarà la nostalgia dei vecchi tempi, sarà che certi ricordi sono difficili da accantonare, ma quando si trovano degli interlocutori come il nostro amico Massimo Cavagliato, è veramente un piacere scambiare quattro chiacchiere anche se solo in via telematica.
Già, non so a quanti di quelli che stanno leggendo questa intervista, il nome del nostro corrispondente risulti familiare, ma a beneficio del dubbio, posso solo dire che l’amico Max è stato uno dei personaggi musicali più attivi della scena heavy rock nostrana dei primi anni ottanta, essendo stato il batterista prima dei cult heroes Black Deal, formidabile formazione di hm classico nostrana, e poi come membro portante degli altrettanto validi Zauber, sicuramente più conosciuti al grande pubblico, grazie anche all’intensa attività musicale ed al loro progressive rock molto evoluto ed elitario.
Ma è proprio del primo periodo della carriera legata ai Black Deal, che vogliamo parlare in questa nostra intervista, una cult band che, con base operativa in quel di Torino, che con la pubblicazione del cd postumo “Escape”, edito dall’attivissima Andromeda Relix di Verona, ha saputo creare quell’aura ammantata di mistero e di ambiguità, che cercheremo di svelare in questa sede.
Ringrazio dunque infinitamente il nostro amico Massimo per la pazienza dimostrata, suo fratello Mauro per la gentilezza e zio Gianni Della Cioppa per averci inviato il cd dei nostri, e vi lascio gustare questa chiacchierata che ci conduce per mano agli albori degli anni ottanta…..buon viaggio…
Intervista raccolta da: Beppe "HM" Diana

Ciao Massimo e benvenuto sulle pagine di Rock in Canavese, grazie di cuore per il tempo che ci stai volendo dedicare, partiamo subito con la prima domanda, come ed in che occasione incontrasti gli altri ragazzi del gruppo?
Ciao e grazie dell’ospitalità. Nel 1983 insieme a mio fratello Mauro e ad altri componenti della band Zauber, entrammo a far parte del programma di attività musicale all’interno del carcere minorile Ferrante Aporti di Torino. Io mi occupavo di insegnare a suonare la batteria ed ero il batterista “ufficiale” delle varie jam session con i ragazzi detenuti.
Verso la metà dell’anno arrivarono ospiti del carcere Christian e Michele, che si dimostrarono subito interessati ad imparare a suonare; trovammo un’affinità nella passione per la musica rock e da lì a mettere su una band insieme il passo fu breve.

Ok, quindi corrisponde a verità il fatto che due di loro erano dei “residenti” in un carcere minorile di Torino? No, te lo dico solo perchè qualcuno ha già detto che la storia è una bufala nata solo per attirare l’attenzione di qualche buontempone….
No, era assolutamente tutto vero. E devo anche ammettere che questo fatto ci fu di grande aiuto nel farci conoscere nell’ambiente musicale di Torino.
Eravamo un “fenomeno” e, soprattutto all’inizio, la gente si interessava a noi anche per questo. La fama di “carcerati” però iniziò ad andarci sempre più stretta, perchè volevamo essere apprezzati solo per il valore della nostra proposta musicale e non per il passato di alcuni di noi.
Nel 1986 la rivista HM recensì la demo ESCAPE enfatizzando le nostre origini; inviammo loro una lettera dove chiedevamo di scindere il lato musicale da quello “legale”: ci risposero che eravamo personaggi pubblici e come tali eravamo soggetti anche a questo.

Come mai decideste di chiamare la band proprio Black Deal? C’era qualcuno di voi che era interessato agli studi di pratiche esoteriche, o cosa?
L'esoterismo non c’entra : ero (e sono tutt’ora) un grande fan del rock più oscuro, Angel Witch, Black Sabbath, Witchfynde, Black Widow, e quindi la scelta cadde su un nome che contenesse un qualche riferimento al genere.
All’inizio avremmo voluto chiamarci Black Death, ma scoprimmo su Kerrang! che c’era già una band con quel nome e così diventammo Black Deal.

Scusami se posso sembrarti piuttosto invadente, ma visti i tuoi trascorsi all’interno di un genere musicale sicuramente più colto ed elitario come il rock progressivo degli Zauber, come ma ti sei voluto cimentare in un genere apparentemente agli antipodi come l’heavy metal di matrice classica dei Black Deal?.... solo voglia di metterti in competizione con te stesso o pura e semplice passione per sonorità più corpose e spigolose?
Effettivamente da ragazzino mi avvicinai al rock grazie a mio fratello Mauro che ascoltava giganti come EL&P, Yes, Genesis e Gentle Giant. Piu avanti però mi capitarono sotto mani dischi di bands come Kiss, Cheap Trick e Aerosmith, che mi avvicinarono maggiormente alla musica più immediata e di impatto; da lì iniziai ad apprezzare anche il punk e l’heavy metal.
Ho sempre ascoltato quasi tutti i generi musicali e tutt’ora mi piace suonare di tutto, punk e thrash inclusi.

Retaggi progressivi che, comunque, affiorano prepotentemente soprattutto all’interno delle composizioni che fanno parte del primo lavoro in studio, sia nello strumentale che porta il vostro stesso nome, che fra i solchi “Nightmare”, che ricordi hai di quelle registrazioni? A parte tuo fratello che in quel lavoro suona le tastiere, credo che nessuno di voi aveva avuto precedenti esperienze in studio, sbaglio?
Personalmente avevo già avuto alcune esperienze in studio come turnista e con gli Zauber, mentre gli altri era la prima volta che mettevano piede in uno studio di registrazione.

Sai, in questi giorni ho guardato più volte la vostra foto più famosa, quella in cui siete seduti su un marciapiede e sembra quasi che volgete il vostro sguardo verso il futuro, pensando a quel primo periodo, dove pensi sarebbero potuti arrivare i Black Deal se la sorte avversa non gli avesse tarpato le ali proprio sul più bello?
Quella è l’ultima foto scattata ai BD. Risale al settembre 1986: qualche tempo dopo la band cessò di esistere. Obiettivamente non penso saremmo mai riusciti a vivere di musica, anche se era il sogno di tutti, ma credo che a livello artistico saremmo potuti crescere moltissimo: non ci mancavano certo le idee e nemmeno le capacità Ci saremmo potuti togliere un bel po’ di soddisfazioni se solo le cose fossero andate diversamente.

Un’esistenza artistica breve ma intensa la vostra, nella quale oltre a suonare nei locali più rinomati della città sabauda, riusciste a raccogliere un bel po’ di consensi favorevoli da parte del pubblico sempre più interessato alla vostra band, quali sono le emozioni più forti che ti porti dentro ancora oggi?
Il periodo a cui sono particolarmente legato è quello di quando eravamo ancora un trio. Mettemmo su il gruppo e nel giro di poco tempo le cose iniziarono a prendere una piega inaspettata: dalle prime prove in saletta al trovarsi, nel giro di un anno, a suonare davanti a duemila persone che ballavano al ritmo della nostra musica.
Era esaltante percepire un interesse sempre crescente in qualcosa che avevamo creato noi, che andava al di là del fenomeno sociale che in fondo rappresentavamo.

Cosa ci racconti della vostra partecipazione alla compilation "Heavy Metal made in Italy" con il brano “Life” che arrivava dalle sessioni di registrazione del vostro demo di debutto, edito all’epoca dall’attivissima Shirak Records già label dei Gow di “Peel Gow mr. Tippel Gow”?
Con l’altra mia band Zauber lavoravamo come turnisti e registravamo negli studi dell’allora proprietario della Shirak; mio fratello Mauro, che finchè riuscì a sopportarci ci fece da manager ed al quale comunque dobbiamo moltissimo, riuscì a farci inserire in quella compilation.
Veniamo alla registrazione dell’ipotetico full lenght album, sette brani interamente registrati dal vivo in presa diretta, espediente questo che mi fa capire quale fosse il grado di affiatamento e quale la sinergia che si era venuta a creare all’interno della band, ce ne parli?
Il palco era la nostra dimensione: lì davamo il meglio di noi stessi e quindi, per registrare le tracce per la nostra nuova demo-tape decidemmo di farlo come se stessimo suonando dal vivo.
Ingaggiammo il tecnico del suono che ci seguiva nei concerti, montammo la strumentazione nell’officina meccanica del Ferrante Aporti, Marshall a palla e via.
Registrammo su un Revox a due tracce, e nel giro di un giorno e mezzo fu tutto pronto. Eravamo fieri di quel prodotto, perchè  nonostante le imperfezioni che si sentono qua e là, ciò che era venuto fuori rappresentava perfettamente quello che eravamo dal vivo, esattamente come ci eravamo prefissi.
Ci fu anche chi male interpretò la nostra scelta: sempre in quella recensione su HM di cui sopra, il recensore disse che la demo era live in studio perchènon ci potevamo permettere uno studio di registrazione vero. Non aveva capito proprio nulla.

Un suono quello di questi brani che si era fatto più corposo e, perchè no, anche più articolato rispetto agli esordi, tendenzialmente proteso verso soluzioni legate ad una matrice heavy rock di stampo prettamente anglosassone vicina come concezione a band come Tygers of Pang Tang, Angel Witch o ai miei idoli Wytchfynde, secondo un tuo personale pare, quali pensi furono le band che in un modo o nell’altro influenzarono il suono della tua/vostra band?
All’inizio io ero l’unico che risiedeva all’esterno del carcere ed ero anche il solo che poteva comprare dischi e registrarli su cassetta. Quindi tutto il materiale che portavo ad ascoltare ai miei compagni da band era in realtà ciò che piaceva a me.
E quello che mi piaceva era (ed è tutt’ora) Angel Witch, Saxon, Tygers of Pan Tang e la NWOBHM in generale. Poi col passare del tempo fummo influenzati dai gruppi più diversi, dai Loudness agli Slayer, dai Ratt ai Mercyful Fate: non eravamo schizzinosi, ascoltavamo di tutto ed ogni spunto era buono per trovare un’ispirazione.
Comunque direi che i dischi che plasmarono gli inizi dei Black Deal sono il primo degli Angel Witch, Heaven and Hell dei Black Sabbath, Killers degli Iron Maiden e Kill’em All dei Metallica.

Gow, Fil Di Ferro, NIB ed Hurftul Witch, Black Evil c’era qualche rapporto di amicizia che vi legava a queste band del primo periodo, come capita oggi, c’era più che altro rivalità fra le band di una stessa città?
La scena metal torinese dei primi ’80 era molto valida: c’erano i gruppi “storici” Metal Fix e Fil Di Ferro (tra l’altro ho suonato con entrambe le band) e le nuove leve Black Evil, Jester Beast, IRA, GOW, Black Deal ed altri.
Ci si conosceva tutti, ci si rispettava e si suonavano solo ed esclusivamente composizioni originali. C’erano fanzines che seguivano la scena con entusiasmo.
Una bella differenza con la scena attuale dove se non hai una stupida tribute band non riesci a trovare da suonare in giro e dove comunque al pubblico frega poco o niente di cosa fai.

Se non erro proprio tu eri il principale artefice dei testi delle song, di che argomenti trattavano le vostre liriche?
All’inizio raccontavamo di storie dell’orrore, morti viventi, incubi e fantasmi. In seguito, i testi spaziarono dai racconti malati alla Bukowski a professioni di “fede metallica” a storie gotiche. Un argomento di cui non smettemmo mai di parlare però, sembra persino banale, è la libertà.

Altra curiosità, ma con gli altri ragazzi vi vedevate anche al di fuori della band, avevate degli interessi in comune?
Eravamo persone molto diverse tra loro: i nostri interessi comuni erano la musica e il fare più casino possibile dopo aver bevuto qualsiasi cosa che avesse un minimo di gradazione alcoolica.

Tornando ancora sulle note di copertina, nelle note finali della tua presentazione dici che la scomparsa di due dei ragazzi della band fu dovuta agli di eccessi da rock star in erba, sempre che tu ne voglia parlare, possiamo sapere a che cosa ti riferisci?
Sex, drugs & rock’n roll… Poco sex, tanto drugs, sempre meno rock’n roll… Le cose cominciarono ad andare male quando per qualcuno di noi l’alcool, cominciò a prendere il sopravvento sulla musica.
Quando perdemmo l’ala protettrice che in fondo per noi il carcere rappresentava, vennero fuori tanti problemi personali che tutti e quattro probabilmente eravamo troppo immaturi per affrontare. Cosi, complice il maledettissimo servizio militare, i nostri rapporti personali si incrinarono, e ognuno si perse per la sua strada.
Michele morì nel 1992 in un incidente stradale. Christian, dopo una breve parentesi da guitar hero come CHRIS HOLDER, di cui io ero naturalmente il batterista, si perse nella tossicodipendenza. Non sentii più parlare di lui per 10 anni finchè quasi per caso non scoprii che era morto.

Prima di concludere, hai mai più avuto occasione di incontrare Marco Bragadin l’altro “superstite”? Se potesse leggere queste tue parole, che cosa gli vorresti dire?
Non ho quasi mai più visto Marco dal funerale di Michele.
Ci siamo incontrati per caso un paio di volte, ma da allora non ci siamo mai più parlati veramente.
Mi manca anche lui; in fin dei conti abbiamo trascorso tanti mesi insieme e abbiamo condiviso esperienze in un modo o nell’altro indimenticabili.
Spero che, come faccio io, ogni tanto inserisca il nome BLACK DEAL in un qualche motore di ricerca su internet e abbia modo di rendersi conto dell’interesse che circonda nuovamente la band che tanto abbiamo amato.
Il mio sogno sarebbe che questo interesse aumentasse tanto da richiedere performances live in modo che da poter suonare ancora le canzoni che hanno rappresentato così tanto per me e per tante persone.
Avrei già in mente chi reclutare alla chitarra e al basso, ma se questo dovesse accadere il posto dietro al microfono spetterebbe assolutamente a lui!

Ok Max, siamo veramente alla fine, ti ringrazio ancora una volta per il tempo che ci hai voluto dedicare, ti lascio campo libero, non prima di aver salutato i nostri lettori…..
Innanzitutto voglio ringraziare te, perché mi hai dato l’opportunità di raccontare un po’ di storia della mia band e tutti i lettori di hard ‘n heavy che hanno avuto voglia di conoscerla.
E vorrei ringraziare Gianni della Cioppa e l’Andromeda Relix per aver finalmente stampato ESCAPE, ben 23 anni dopo la sua registrazione.
Le ottime recensioni che stiamo avendo un po’ dappertutto, anche se aumentano il rimpianto per quello che sarebbe potuto essere e non è stato, mi confermano che eravamo sulla strada giusta.
Share on Google Plus

About beppediana

    Blogger Comment
    Facebook Comment

0 commenti:

Posta un commento